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Il Professore Vittorio Sgarbi in visita alla mostra
"Appunti di bellezza" presso la Casa della Poesia di Urbino
23 dicembre 2016



























Ceramica come vita

Se il deserto si sgretola e muta continuamente forma, la terra che emerge dal mare contiene la forza dell’acqua sotto forma di ruscello o di oceano. La terra è una grande tazza che racchiude i liquidi, la ciotola originaria da cui ha seguito quella diversificata serie di contenitori che l’uomo ha reso possibili, perfezionando la tecnica, dopo i cesti intrecciati. La tazza è anche la mammella artificiale che nutre l’uomo e lo disseta. Su quella tazza la civiltà giapponese ha costruito la cerimonia del tè. La tazza trattiene il vuoto, il senso originario da cui partire per strutturare il mondo interno e quello esterno. Forse il vuoto dell’oriente rappresenta la pienezza dell’origine del ventre che si riempie di una nuova vita, del seme che germoglia spaccando la terra, dell’uovo che si crepa per lasciare spazio a quella forma che dentro si è formata, rappresenta il bozzolo necessario alla metamorfosi. La ceramica scolpita di Marcello Pucci prende le mosse dalla forma chiusa della ciotola, ma la rende disponibile ad accogliere. Sono sfere che lasciano solo pensare – l’esecuzione è perfetta - alla saldatura di due semisfere in Al centro, sono un quarto di sfera che germina forme al suo interno - vedi 1\4 I – 1\4 II - sono vulcani e fiori, in Vulcano e in All’estremità del mondo, che trattengono energia piuttosto che espandersi, sono scatole aperte, moduli di una planimetria che si lascia intitolare Città ideale. Pucci ha abbandonato il contatto diretto fra mano e materia e ha scelto di modellare utilizzando il filo di ferro che il ceramista utilizza per tagliare i pani di creta, ottenendo in questo modo dei rilievi taglienti che vanno a legarsi perfettamente con il ferro intimamente unito all’argilla in fase di cottura. I tempi di dilatazione sono diversi, il rischio della spaccatura della ceramica nei punti di contatto con il ferro è controllato solo dalla perfetta conoscenza della materia da parte dell’artista. Negli oggetti di Pucci convivono forme semplici con le colorazioni naturali dei fumi come nei buccheri, delle terre come nell’arancio splendido, chiamato dal ceramista “Arancio d’Urbino”, colori che solo il fuoco sa promuovere ed esaltare. La sottile bellezza che sprigiona dalla ricerca di materiali preziosi nel limo dei fiumi, nelle argille di cave abbandonate, a volte distrae l’osservatore dalle forme che l’artista ricava dalla manipolazione della materia, più spesso direttamente con le mani o con il tornio. Per Pucci più importante, in questa fase della ricerca, è il movimento danzante che la mano sa imprimere sul filo di ferro. Fluttua il segno nei moduli che costituiscono il Mare nero, creando imprevedibili morbidezze di seta e asperità di voci acute. Una ceramica quella di Marcello Pucci che restituisce nel gesto il pulsare della vita, il ritmo del respiro e del battito del cuore.

Silvia Cuppini


 




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